Storie Libro I, 158
1 πέμψαντες ὦν οἱ Κυμαῖοι ἐς τοὺς Βραγχίδας θεοπρόπους εἰρώτευν περὶ Πακτύην ὁκοῖόν τι ποιέοντες θεοῖσι μέλλοιεν χαριεῖσθαι. ἐπειρωτῶσι δέ σφι ταῦτα χρηστήριον ἐγένετο ἐκδιδόναι Πακτύην Πέρσῃσι. ταῦτα δὲ ὡς ἀπενειχθέντα ἤκουσαν οἱ Κυμαῖοι, ὁρμέατο ἐκδιδόναι· 2 ὁρμημένου δὲ ταύτῃ τοῦ πλήθεος, Ἀριστόδικος ὁ Ἡρακλείδεω ἀνὴρ τῶν ἀστῶν ἐὼν δόκιμος ἔσχε μὴ ποιῆσαι ταῦτα Κυμαίους, ἀπιστέων τε τῷ χρησμῷ καὶ δοκέων τοὺς θεοπρόπους οὐ λέγειν ἀληθέως, ἐς ὃ τὸ δεύτερον περὶ Πακτύεω ἐπειρησόμενοι ἤισαν ἄλλοι θεοπρόποι, τῶν καὶ Ἀριστόδικος ἦν.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Gli abitanti di Cuma mandarono i loro incaricati presso i Branchidi e chiesero come avrebbero dovuto regolarsi nei confronti di Pattia per fare cosa gradita agli dei; questo chiedevano, e il responso fu di consegnare Pattia ai Persiani. Quando la risposta del dio fu riferita ai Cumani, essi si apprestarono alla estradizione. Già il popolo si era deciso in tal senso, quando uno dei più ragguardevoli cittadini, Aristodico figlio di Eraclide, non credendo al responso e convinto che gli incaricati non dicessero la verità, trattenne i Cumani dal farlo fino a quando altri messi, tra cui lo stesso Aristodico, non fossero andati una seconda volta a consultare il dio sulla sorte di Pattia.
RispondiElimina