Storie / Libro III, 80

1 Ἐπείτε δὲ κατέστη ὁ θόρυβος καὶ ἐκτὸς πέντε ἡμερέων ἐγένετο, ἐβουλεύοντο οἱ ἐπαναστάντες τοῖσι Μάγοισι περὶ τῶν πάντων πρηγμάτων καὶ ἐλέχθησαν λόγοι ἄπιστοι μὲν ἐνίοισι Ἑλλήνων, ἐλέχθησαν δ᾽ ὦν. 2 Ὀτάνης μὲν ἐκέλευε ἐς μέσον Πέρσῃσι καταθεῖναι τὰ πρήγματα, λέγων τάδε. “ἐμοὶ δοκέει ἕνα μὲν ἡμέων μούναρχον μηκέτι γενέσθαι. οὔτε γὰρ ἡδὺ οὔτε ἀγαθόν. εἴδετε μὲν γὰρ τὴν Καμβύσεω ὕβριν ἐπ᾽ ὅσον ἐπεξῆλθε, μετεσχήκατε δὲ καὶ τῆς τοῦ Μάγου ὕβριος. 3 κῶς δ᾽ ἂν εἴη χρῆμα κατηρτημένον μουναρχίη, τῇ ἔξεστι ἀνευθύνῳ ποιέειν τὰ βούλεται; καὶ γὰρ ἂν τὸν ἄριστον ἀνδρῶν πάντων στάντα ἐς ταύτην ἐκτὸς τῶν ἐωθότων νοημάτων στήσειε. ἐγγίνεται μὲν γάρ οἱ ὕβρις ὑπὸ τῶν παρεόντων ἀγαθῶν, φθόνος δὲ ἀρχῆθεν ἐμφύεται ἀνθρώπῳ. 4 δύο δ᾽ ἔχων ταῦτα ἔχει πᾶσαν κακότητα· τὰ μὲν γὰρ ὕβρι κεκορημένος ἔρδει πολλὰ καὶ ἀτάσθαλα, τὰ δὲ φθόνῳ. καίτοι ἄνδρα γε τύραννον ἄφθονον ἔδει εἶναι, ἔχοντά γε πάντα τὰ ἀγαθά. τὸ δὲ ὑπεναντίον τούτου ἐς τοὺς πολιήτας πέφυκε· φθονέει γὰρ τοῖσι ἀρίστοισι περιεοῦσί τε καὶ ζώουσι, χαίρει δὲ τοῖσι κακίστοισι τῶν ἀστῶν, διαβολὰς δὲ ἄριστος ἐνδέκεσθαι. 5ἀναρμοστότατον δὲ πάντων· ἤν τε γὰρ αὐτὸν μετρίως θωμάζῃς, ἄχθεται ὅτι οὐ κάρτα θεραπεύεται, ἤν τε θεραπεύῃ τις κάρτα, ἄχθεται ἅτε θωπί. τὰ δὲ δὴ μέγιστα ἔρχομαι ἐρέων· νόμαιά τε κινέει πάτρια καὶ βιᾶται γυναῖκας κτείνει τε ἀκρίτους. 6 πλῆθος δὲ ἄρχον πρῶτα μὲν οὔνομα πάντων κάλλιστον ἔχει, ἰσονομίην, δεύτερα δὲ τούτων τῶν ὁ μούναρχος ποιέει οὐδέν· πάλῳ μὲν ἀρχὰς ἄρχει, ὑπεύθυνον δὲ ἀρχὴν ἔχει, βουλεύματα δὲ πάντα ἐς τὸ κοινὸν ἀναφέρει. τίθεμαι ὦν γνώμην μετέντας ἡμέας μουναρχίην τὸ πλῆθος ἀέξειν· ἐν γὰρ τῷ πολλῷ ἔνι τὰ πάντα„.

1 commento:

  1. Quando il tumulto si placò e furono trascorsi cinque giorni, gli autori della ribellione ai Magi si consultarono sulla situazione nel suo insieme; in quella circostanza furono pronunciati discorsi che suonano forse incredibili alle orecchie di qualche Greco, ma che furono davvero pronunciati. Il parere di Otane era di rimettere il potere a tutti i Persiani: egli disse: "Secondo me non deve più essere un monarca a governarci: si tratta di un sistema né piacevole né valido. Voi avete pur visto l'arroganza di Cambise sin dove si è spinta e avete sperimentato anche quella del Mago. Come potrebbe essere una cosa conveniente la sovranità di una sola persona a cui è lecito agire come vuole senza doverne rendere conto a nessuno? Anche l'uomo migliore del mondo, una volta che avesse in mano tanta autorità, si troverebbe al di fuori del modo comune di pensare. Le fortune a sua disposizione producono in lui protervia, e in ogni uomo c'è già innata sin da subito l'invidia: se possiede questi due vizi, li possiede tutti. Molte azioni nefande le compie perché è gonfio di arroganza e molte perché è pieno di invidia. Eppure un re, che possiede ogni bene, non dovrebbe conoscere l'invidia; e invece germoglia in lui malanimo verso i suoi cittadini: invidia i migliori finché sono ancora in vita, si compiace dei cittadini peggiori, nessuno è più disposto di lui ad accogliere calunnie. La cosa più assurda è che se lo ammiri con moderazione, se ne adonta perché non si sente abbastanza riverito, e se lo riverisci molto, se ne adonta perché si sente adulato. Ma la cosa più grave è questa: sconvolge le patrie tradizioni, violenta le donne, manda a morte senza processi. Invece il governo del popolo comporta già il nome più bello che esista: "parità di diritti". E poi non c'è nulla di ciò che fa un monarca; le cariche pubbliche si sorteggiano, c'è un rendiconto per le magistrature ricoperte, tutte le decisioni sono demandate a un collettivo. Pertanto il mio parere è di abbandonare il regime monarchico e di innalzare il popolo al potere: perché la massa è tutto".

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