Pro Archia poeta 12
Quaere argumenta, si qua potes: numquam enim his neque suo neque amicorum iudicio revincetur. Quaeres a nobis, Grati, cur tanto opere hoc homine delectemur. Quia suppeditat nobis ubi et animus ex hoc forensi strepitu reficiatur, et aures convicio defessae conquiescant. An tu existimas aut suppetere nobis posse quod cotidie dicamus in tanta varietate rerum, nisi animos nostros doctrina excolamus; aut ferre animos tantam posse contentionem, nisi eos doctrina eadem relaxemus? Ego vero fateor me his studiis esse deditum: ceteros pudeat, si qui se ita litteris abdiderunt ut nihil possint ex eis neque ad communem adferre fructum, neque in aspectum lucemque proferre: me autem quid pudeat, qui tot annos ita vivo, iudices, ut a nullius umquam me tempore aut commodo aut otium meum abstraxerit, aut voluptas avocarit, aut denique somnus retardit?
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Grazio, tu mi chiederai perché io tenga tanto a quest'uomo. Perché è sempre disponibile a due chiacchiere quando, dopo una giornata trascorsa in mezzo al chiasso e alla folla del foro, voglio riprendere fiato e star tranquillo. Non penserai che potrei parlare tutti i giorni degli argomenti più disparati, se non coltivassi l'animo con la poesia! O credi forse che potrei sopportare una tensione così intensa, se non mi rilassassi con la poesia?! Ebbene sì, confesso di essermi dedicato a questo genere di studi. Si vergogni piuttosto chi si immerge a tal punto nello studio delle lettere da non far nulla di utile alla società, e da non produrre alcunché! Ma perché dovrei vergognarmi io che da tanti anni ho scelto di vivere, giudici, sacrificando nell'interesse e per la difesa del cliente I miei momenti liberi, il divertimento e persino il sonno?
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