Sallustio: De Catilinae coniuratione, 55
Postquam, ut dixi, senatus in Catonis sententiam discessit, consul optumum factu ratus noctem, quae instabat, antecapere, ne quid eo spatio novaretur, tresviros, quae supplicium postulabat, parare iubet. Ipse praesidiis dispositis Lentulum in carcerem deducit; idem fit ceteris per praetores. Est in carcere locus, quod Tullianum appellatur, ubi paululum ascenderis ad laevam, circiter duodecim pedes humi depressus. Eum muniunt undique parietes atque insuper camera lapideis fornicibus iuncta; sed incultu, tenebris, odore foeda atque terribilis eius facies est. In eum locum postquam demissus est Lentulus, vindices rerum capitalium, quibus praeceptum erat, laqueo gulam fregere. Ita ille patricius ex gente clarissuma Corneliorum, qui consulare imperium Romae habuerat, dignum moribus factisque suis exitium vitae invenit. De Cethego, Statilio, Gabinio, Caepario eodem modo supplicium sumptum est.
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Dopo che il Senato, come ho detto, si fu schierato con la proposta di
RispondiEliminaCatone, il console, ritenendo che il meglio da farsi era prevenire la
notte che incombeva, affinché nell'intervallo non accadesse nulla di
nuovo, ordina ai triumviri di preparare tutto per il supplizio; egli
stesso, disposti i corpi di guardia, conduce Lentulo nel carcere,
altrettanto fanno i pretori con gli altri congiurati. V'è nella prigione,
quando si sale un poco sulla sinistra, un luogo chiamato Tulliano, scavato
di circa dodici piedi sotto il terreno. Lo chiudono muri da ogni parte e,
sopra, una volta con archi di pietra; per lo squallore, le tenebre, il
fetore, ha un aspetto sozzo e spaventoso. Lentulo, calato in questo luogo,
secondo l'ordine impartito fu strangolato con un laccio dai carnefici.
Cosí quel patrizio, della nobilissima famiglia dei Cornelii, che aveva
esercitato in Roma il potere consolare, trovò una fine degna dei suoi
costumi e dei suoi atti. Cetego, Statilio, Gabinio, Cepario, furono messi
a morte nello stesso modo.