De bello Gallico / Libro I, 48
Eodem die castra promovit et milibus passuum VI a Caesaris castris sub monte consedit. Postridie eius diei praeter castra Caesaris suas copias traduxit et milibus passuum duobus ultra eum castra fecit eo consilio uti frumento commeatuque qui ex Sequanis et Haeduis supportaretur Caesarem intercluderet. Ex eo die dies continuos V Caesar pro castris suas copias produxit et aciem instructam habuit, ut, si vellet Ariovistus proelio contendere, ei potestas non deesset. Ariovistus his omnibus diebus exercitum castris continuit, equestri proelio cotidie contendit. Genus hoc erat pugnae, quo se Germani exercuerant: equitum milia erant VI, totidem numero pedites velocissimi ac fortissimi, quos ex omni copia singuli singulos suae salutis causa delegerant: cum his in proeliis versabantur, ad eos se equites recipiebant; hi, si quid erat durius, concurrebant, si qui graviore vulnere accepto equo deciderat, circumsistebant; si quo erat longius prodeundum aut celerius recipiendum, tanta erat horum exercitatione celeritas ut iubis sublevati equorum cursum adaequarent.
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Quel giorno stesso Ariovisto si spostò in avanti e si stabilì ai piedi di unmonte, a sei miglia dall'accampamento di Cesare. L'indomani transitò con le suetruppe davanti al campo romano, lo oltrepassò e pose le tende a due miglia didistanza, con l'intento di impedire a Cesare di ricevere il grano e i viveri chevenivano forniti dai Sequani e dagli Edui. Da quel momento, per cinque giorniconsecutivi, Cesare condusse le sue truppe davanti al campo, in formazione dacombattimento, per dare ad Ariovisto la possibilità di misurarsi con lui, se lovoleva. Ma Ariovisto, per tutti e cinque i giorni, tenne bloccato il suoesercito nell'accampamento, limitandosi quotidianamente a semplici scaramucce dicavalleria. I Germani erano addestrati in questa tecnica militare disponevano diseimila cavalieri e di altrettanti fanti molto veloci e forti; ciascun cavaliereaveva scelto tra tutta la truppa, a propria tutela, un fante, insieme al qualeentrava nella mischia. I cavalieri si riparavano presso i fanti, che, se c'eraqualche pericolo, si precipitavano; se il cavaliere veniva ferito piuttostogravemente e cadeva da cavallo, lo attorniavano; se dovevano spingersi piùlontano o ripiegare più alla svelta, si erano garantiti con l'esercizio unatale rapidità, da reggere all'andatura dei cavalli, tenendosi aggrappati allacriniera.
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