De bello civili / Libro III, 109
Erat in procuratione regni propter aetatem pueri nutricius eius, eunuchus nomine Pothinus. Is primum inter suos queri atque indignari coepit regem ad causam dicendam evocari; deinde adiutores quosdam consilii sui nactus ex regis amicis exercitum a Pelusio clam Alexandriam evocavit atque eundem Achillam, cuius supra meminimus, omnibus copiis praefecit. Hunc incitatum suis et regis inflatum pollicitationibus, quae fieri vellet, litteris nuntiisque edocuit. In testamento Ptolomaei patris heredes erant scripti ex duobus filiis maior et ex duabus filiabus ea, quae aetate antecedebat. Haec uti fierent, per omnes deos perque foedera, quae Romae fecisset, eodem testamento Ptolomaeus populum Romanum obtestabatur. Tabulae testamenti unae per legatos eius Romam erant allatae, ut in aerario ponerentur (hic cum propter publicas occupationes poni non potuissent, apud Pompeium sunt depositae), alterae eodem exemplo relictae atque obsignatae Alexandriae proferebantur.
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Mentre davanti a Cesare vengono trattate tali questioni, poiché egli vuole sopra tutto, in qualità di arbitro e amico comune, dirimere le controversie dei sovrani, all'improvviso giunge la notizia che l'esercito regio e tutta la cavalleria si dirigono su Alessandria. Le milizie di Cesare non erano affatto tali per numero che si potesse contare su di esse nel caso si fosse dovuto combattere fuori della città. Non gli rimaneva che restare sulle sue posizioni nella città e tentare di conoscere il piano di Achilla. Tuttavia diede ordine ai soldati di stare in armi ed esortò il re a inviare ad Achilla ambasciatori scelti fra le persone più autorevoli tra i suoi familiari e a manifestargli il proprio volere. Dal re furono inviati Dioscoride e Serapione, che erano stati entrambi ambasciatori a Roma e avevano avuto grande autorità presso Tolomeo padre. Giunsero presso Achilla ed egli, quando arrivarono al suo cospetto, prima di ascoltarli e di conoscere per quale motivo fossero stati inviati, ordinò di catturarli e ucciderli. Uno di essi fu ferito e, preso dai suoi, fu portato via come se fosse morto, l'altro fu ucciso. Dopo questi fatti, Cesare fece in modo di avere in suo potere il re, ritenendo che il nome del re avesse grande autorità presso i sudditi, perché sembrasse che la guerra era stata intrapresa non per iniziativa del re, ma per decisione di pochi cittadini privati, per giunta avventurieri.
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