Cato Maior de Senectute 72
Senectutis autem nullus est certus terminus, recteque in ea vivitur, quoad munus offici exsequi et tueri possit [mortemque contemnere]; ex quo fit, ut animosior etiam senectus sit quam adulescentia et fortior. Hoc illud est quod Pisistrato tyranno a Solone responsum est, cum illi quaerenti, qua tandem re fretus sibi tam audaciter obsisteret, respondisse dicitur: 'Senectute.' Sed vivendi est finis optimus, cum integra mente certisque sensibus opus ipsa suum eadem quae coagmentavit, natura dissolvit. Ut navem, ut aedificium idem destruit facillime, qui construxit, sic hominem eadem optime quae conglutinavit natura dissolvit. Iam omnis conglutinatio recens aegre, inveterata facile divellitur. Ita fit ut illud breve vitae reliquum nec avide adpetendum senibus nec sine causa deserendum sit; vetatque Pythagoras iniussu imperatoris, id est dei, de praesidio et statione vitae decedere.
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La vecchiaia, poi, non ha un termine preciso, e da vecchi si vive
RispondiEliminabene finché si possa adempiere e far fronte ai propri doveri nel disprezzo
della morte. Ecco perché la vecchiaia è più coraggiosa della giovinezza e
più forte, come disse del resto Solone in risposta al tiranno Pisistrato,
che gli aveva chiesto in cosa confidasse per opporsi a lui con tanta
audacia: «Nella vecchiaia», avrebbe risposto. Ma la fine migliore della
vita si ha quando, sana la mente e attivi i sensi, è la natura stessa a
disfare l'opera che ha messo insieme. Come una nave, come un edificio
vengono demoliti più facilmente da chi li ha costruiti, così l'uomo viene
disfatto meglio dalla medesima natura che lo ha composto; ogni
composizione si disgrega a fatica se nuova, ma con facilità se antica. Per
questo i vecchi non devono attaccarsi avidamente a quel breve residuo di
vita, né abbandonarlo senza motivo.