Cato Maior de Senectute 4

Scipio. Saepe numero admirari soleo cum hoc C. Laelio cum ceterarum rerum tuam excellentem, M. Cato, perfectamque sapientiam, tum vel maxime quod numquam tibi senectutem gravem esse senserim, quae plerisque senibus sic odiosa est, ut onus se Aetna gravius dicant sustinere. Cato. Rem haud sane difficilem, Scipio et Laeli, admirari videmini. Quibus enim nihil est in ipsis opis ad bene beateque vivendum, eis omnis aetas gravis est; qui autem omnia bona a se ipsi petunt, eis nihil malum potest videri quod naturae necessitas adferat. Quo in genere est in primis senectus, quam ut adipiscantur omnes optant, eandem accusant adeptam; tanta est stultitiae inconstantia atque perversitas. Obrepere aiunt eam citius, quam putassent. Primum quis coegit eos falsum putare? Qui enim citius adulescentiae senectus quam pueritiae adulescentia obrepit? Deinde qui minus gravis esset eis senectus, si octingentesimum annum agerent quam si octogesimum? Praeterita enim aetas quamvis longa cum effluxisset, nulla consolatio permulcere posset stultam senectutem.

2 commenti:

  1. M. Battaglia06 dicembre, 2010

    SCIPIONE.
    Io e Lelio siamo, o Catone, frequenti volte ammiratori del tuo squisito e profondo sapere in ogni cosa. Ma tanto più viva è la nostra ammirazione, perché consapevoli che non t’incomoda il peso della vecchiezza, di cui non pochi uomini sono infastiditi quasi pesasse sul loro dorso il monte Etna.
    CATONE.
    Lelio e Scipione, voi prendete a fare le meraviglie per cosa di lieve conto. A coloro che entro sé medesimi nulla ponno trovare che li soccorra a condurre gioconda la vita, torna incomoda ogni età; ma gli uomini che hanno l’animo ricco di energia, non s’infastidiscono facilmente di ciò che deriva dal necessario ed immutabile ordine della natura.
    Pur troppo la vecchiezza è la prima di queste necessità e nonpertanto gli uomini, a forza d’incessanti desideri, se l’avvicinano più rapidamente. Ma quando vi sono arrivati se ne lagnano, tanta è in essi incostanza, leggerezza ed ingiustizia. "Ci ha colto, dicono costoro, all’impensata, e più pronta che non fosse aspettata."
    Anzitutto, io dimando, come mai si condussero a fare un calcolo così fallace? Si dica in che modo una età succeda all’altra e la vecchiezza sembri incalzata più presto dall’adolescenza, che questa non sia raggiunta dall’infanzia? Al postutto sarebbe sedotto da mera illusione che immaginasse una vecchiezza più piacevole, per ciò solo che la vita potesse durare ottocento anni anziché ottanta. Per lunga che sia, in un modo o nell’altro passa l’età, e consumata una volta, allo stolido vecchio non rimane alcun compenso.

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  2. SCIPIONE. Spesso mi sono stupito insieme a Caio Lelio, qui con me,
    della tua saggezza eccellente in tutte le cose, o Marco Catone, e
    perfetta, ma soprattutto del fatto che non mi hai mai dato la sensazione
    di vivere la vecchiaia come un peso. Eppure essa risulta così odiosa alla
    maggior parte dei vecchi che, a sentirli, sosterrebbero un carico più pesante dell'Etna.
    CATONE. Non è davvero un'impresa difficile, cari Scipione e Lelio, quella
    di cui sembrate stupirvi. Chi infatti non abbia dentro di sé risorse per
    vivere bene e felice subisce il peso di tutte le età; chi invece trae da
    se stesso ogni bene non può considerare un male quel che necessità di
    natura impone. La vecchiaia fa parte di queste cose più delle altre. Tutti
    desiderano raggiungerla, ma, una volta raggiunta, la investono di accuse:
    tanta è l'incoerenza e l'assurdità della stoltezza! Dicono che si insinui
    prima di quanto pensassero. Primo: chi li ha indotti a credere il falso?
    Forse che la vecchiaia subentra furtiva alla giovinezza più rapidamente di
    quanto la giovinezza subentri furtiva all'infanzia? Secondo: come può la
    vecchiaia essere per loro meno pesante se avessero ottocento anni anziché
    ottanta? Quando infatti gli anni passati, per lunghi che siano, sono
    volati via, non c'è consolazione che possa mitigare la vecchiaia degli
    stolti.

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