De bello Gallico / Libro VII, 88

Eius adventu ex colore vestitus cognito, quo insigni in proeliis uti consuerat, turmisque equitum et cohortibus visis quas se sequi iusserat, ut de locis superioribus haec declivia et devexa cernebantur, hostes proelium committunt. Vtrimque clamore sublato excipit rursus ex vallo atque omnibus munitionibus clamor. Nostri omissis pilis gladiis rem gerunt. Repente post tergum equitatus cernitur; cohortes aliae appropinquant. Hostes terga vertunt; fugientibus equites occurrunt. Fit magna caedes. Sedulius, dux et princeps Lemovicum, occiditur; Vercassivellaunus Arvernus vivus in fuga comprehenditur; signa militaria septuaginta quattuor ad Caesarem referuntur: pauci ex tanto numero se incolumes in castra recipiunt. Conspicati ex oppido caedem et fugam suorum desperata salute copias a munitionibus reducunt. Fit protinus hac re audita ex castris Gallorum fuga. Quod nisi crebris subsidiis ac totius diei labore milites essent defessi, omnes hostium copiae deleri potuissent. De media nocte missus equitatus novissimum agmen consequitur: magnus numerus capitur atque interficitur; reliqui ex fuga in civitates discedunt.

1 commento:

  1. Cesare si affretta, per prendere parte alla battaglia. I nemici, dominando dall'alto i declivi e i pendii dove transitava Cesare, mossero all'attacco, non appena notarono il suo arrivo per il colore del mantello che di solito indossava in battaglia e videro gli squadroni di cavalleria e le coorti che avevano l'ordine di seguirlo. Entrambi gli eserciti levano alte grida, un grande clamore risponde dal vallo e da tutte le fortificazioni. I nostri lasciano da parte i giavellotti e mettono mano alle spade. All'improvviso compare la cavalleria dietro i nemici. Altre coorti stavano accorrendo: i Galli volgono le spalle. I cavalieri affrontano gli avversari in fuga. È strage. Sedullo, comandante e principe dei Lemovici aremorici, cade; l'arverno Vercassivellauno è catturato vivo, mentre tentava la fuga; a Cesare vengono portate settantaquattro insegne militari; di tanti che erano, solo pochi nemici raggiungono salvi l'accampamento. Dalla città vedono il massacro e la ritirata dei loro: persa ogni speranza di salvezza, richiamano le truppe dalle fortificazioni. Appena odono il segnale di ritirata, i Galli fuggono dall'accampamento. E se i nostri soldati non avessero risentito delle continue azioni di soccorso e della fatica di tutta la giornata, avrebbero potuto annientare le truppe avversarie. Verso mezzanotte la cavalleria si muove all'inseguimento della retroguardia nemica: molti vengono catturati e uccisi; gli altri, proseguendo la fuga, raggiungono i rispettivi popoli.

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