De bello Gallico / Libro VI, 19

Viri, quantas pecunias ab uxoribus dotis nomine acceperunt, tantas ex suis bonis aestimatione facta cum dotibus communicant. Huius omnis pecuniae coniunctim ratio habetur fructusque servantur: uter eorum vita superarit, ad eum pars utriusque cum fructibus superiorum temporum pervenit. Viri in uxores, sicuti in liberos, vitae necisque habent potestatem; et cum paterfamiliae illustriore loco natus decessit, eius propinqui conveniunt et, de morte si res in suspicionem venit, de uxoribus in servilem modum quaestionem habent et, si compertum est, igni atque omnibus tormentis excruciatas interficiunt. Funera sunt pro cultu Gallorum magnifica et sumptuosa; omniaque quae vivis cordi fuisse arbitrantur in ignem inferunt, etiam animalia, ac paulo supra hanc memoriam servi et clientes, quos ab eis dilectos esse constabat, iustis funeribus confectis una cremabantur.

1 commento:

  1. I mariti mettono in comune con le doti, fatta una stima, tanto denaro dai propri beni, quanto ne hanno ricevuto dalle mogli a titolo di dote. Di tutto questo denaro si tiene l'amministrazione in comune e si conservano gli interessi; quello dei due che sopravvive, a lui tocca la parte di entrambi con gli interessi. I mariti hanno poteri di vita e di morte sulle mogli come sui figli; e quando un padre di famiglia di stirpe nobile è morto, i suoi parenti si radunano e, se viene una cosa in sospetto circa la morte, aprono un'inchiesta sulle mogli con la procedura usata per gli schiavi e, se si scopre qualcosa, le uccidono dopo averle seviziate col fuoco con ogni tormento. I funerali per il grado di civiltà dei Galli sono magnifici e sontuosi; gettano nel fuoco tutto ciò che pensano che sia stato a cuore al vivo, anche animali, e poco prima di questo periodo, servi e clienti, che si sapeva che erano stati da loro stimati, compiuti i dovuti funerali, venivano bruciati insieme.

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