Storie Libro I, 91

1 ἀπικομένοισι δὲ τοῖσι Λυδοῖσι καὶ λέγουσι τὰ ἐντεταλμένα τὴν Πυθίην λέγεται εἰπεῖν τάδε. "τὴν πεπρωμένην μοῖραν ἀδύνατα ἐστὶ ἀποφυγεῖν καὶ θεῷ· Κροῖσος δὲ πέμπτου γονέος ἁμαρτάδα ἐξέπλησε, ὃς ἐὼν δορυφόρος Ἡρακλειδέων, δόλῳ γυναικηίῳ ἐπισπόμενος ἐφόνευσε τὸν δεσπότεα καὶ ἔσχε τὴν ἐκείνου τιμὴν οὐδέν οἱ προσήκουσαν. 2 προθυμεομένου δὲ Λοξίεω ὅκως ἂν κατὰ τοὺς παῖδας τοῦ Κροίσου γένοιτο τὸ Σαρδίων πάθος καὶ μὴ κατ᾽ αὐτὸν Κροῖσον, οὐκ οἷόν τε ἐγίνετο παραγαγεῖν μοίρας. 3 ὅσον δὲ ἐνέδωκαν αὗται, ἤνυσέ τε καὶ ἐχαρίσατό οἱ· τρία γὰρ ἔτεα ἐπανεβάλετο τὴν Σαρδίων ἅλωσιν, καὶ τοῦτο ἐπιστάσθω Κροῖσος ὡς ὕστερον τοῖσι ἔτεσι τούτοισι ἁλοὺς τῆς πεπρωμένης. δευτέρα δὲ τούτων καιομένῳ αὐτῷ ἐπήρκεσε. 4 κατὰ δὲ τὸ μαντήιον τὸ γενόμενον οὐκ ὀρθῶς Κροῖσος μέμφεται. προηγόρευε γὰρ οἱ Λοξίης, ἢν στρατεύηται ἐπὶ Πέρσας, μεγάλην ἀρχὴν αὐτὸν καταλύσειν. τὸν δὲ πρὸς ταῦτα χρῆν εὖ μέλλοντα βουλεύεσθαι ἐπειρέσθαι πέμψαντα κότερα τὴν ἑωυτοῦ ἢ τὴν Κύρου λέγοι ἀρχήν. οὐ συλλαβὼν δὲ τὸ ῥηθὲν οὐδ᾽ ἐπανειρόμενος ἑωυτὸν αἴτιον ἀποφαινέτω· 5 τῷ καὶ τὸ τελευταῖον χρηστηριαζομένῳ εἶπε Λοξίης περὶ ἡμιόνου, οὐδὲ τοῦτο συνέλαβε. ἦν γὰρ δὴ ὁ Κῦρος οὗτος ἡμίονος· ἐκ γὰρ δυῶν οὐκ ὁμοεθνέων ἐγεγόνεε, μητρὸς ἀμείνονος, πατρὸς δὲ ὑποδεεστέρου· 6ἣ μὲν γὰρ ἦν Μηδὶς καὶ Ἀστυάγεος θυγάτηρ τοῦ Μήδων βασιλέος, ὁ δὲ Πέρσης τε ἦν καὶ ἀρχόμενος ὑπ᾽ ἐκείνοισι καὶ ἔνερθε ἐὼν τοῖσι ἅπασι δεσποίνῃ τῇ ἑωυτοῦ συνοίκεε." ταῦτα μὲν ἡ Πυθίη ὑπεκρίνατο τοῖσι Λυδοῖσι, οἳ δὲ ἀνήνεικαν ἐς Σάρδις καὶ ἀπήγγειλαν Κροίσῳ. ὁ δὲ ἀκούσας συνέγνω ἑωυτοῦ εἶναι τὴν ἁμαρτάδα καὶ οὐ τοῦ θεοῦ. κατὰ μὲν δὴ τὴν Κροίσου τε ἀρχὴν καὶ Ἰωνίης τὴν πρώτην καταστροφὴν ἔσχε οὕτω.

1 commento:

  1. Ai Lidi che, giunti a Delfi, la interrogavano secondo le istruzioni ricevute, si dice che la Pizia abbia risposto così: "Neppure un dio può sfuggire al destino stabilito. Creso ha scontato la colpa del suo quinto ascendente, che era una semplice guardia del corpo degli Eraclidi e che, rendendosi complice della macchinazione di una donna, uccise il proprio padrone e si appropriò della sua autorità, senza averne alcun diritto. Il Lossia ha fatto il possibile perché la caduta di Sardi avvenisse sotto i figli di Creso e non durante il suo regno, ma non è stato in grado di stornare le Moire; quanto esse gli hanno concesso, il Lossia lo ha compiuto come un dono per Creso: per tre anni ha differito la presa di Sardi; lo sappia, Creso, di essere stato imprigionato con tre anni di ritardo sul tempo stabilito; e un'altra volta lo ha soccorso quando già si trovava sul rogo. Quanto all'oracolo, Creso muove rimproveri ingiusti. Perché il Lossia gli aveva predetto che, se avesse marciato contro i Persiani, avrebbe distrutto un grande dominio. Di fronte a questo responso se voleva prendere una decisione saggia doveva mandare a chiedere ancora se il dio intendeva il dominio suo o quello di Ciro. Non ha afferrato le parole del dio né chiesto ulteriori spiegazioni; dunque, consideri se stesso responsabile di quanto è accaduto. E infine consultando l'oracolo non comprese neppure le parole del dio sul mulo: questo mulo era proprio Ciro. Ciro è nato, infatti, da due persone di diversa nazionalità, di più nobile origine la madre, di condizioni più modeste il padre; lei della Media e figlia di Astiage, re dei Medi, lui Persiano, suddito dei Medi: benché le fosse in tutto inferiore, sposò la sua padrona". Questa fu la risposta della Pizia ai Lidi; essi la riportarono a Sardi e la riferirono a Creso, il quale, quando l'ebbe appresa, riconobbe che la colpa era sua e non del dio.

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