Oratio in Catilinam Prima 4
Decrevit quondam senatus, ut L. Opimius consul videret, ne quid res publica detrimenti caperet; nox nulla intercessit; interfectus est propter quasdam seditionum suspiciones C. Gracchus, clarissimo patre, avo, maioribus, occisus est cum liberis M. Fulvius consularis. Simili senatus consulto C. Mario et L. Valerio consulibus est permissa res publica; num unum diem postea L. Saturninum tribunum pl. et C. Servilium praetorem mors ac rei publicae poena remorata est? At [vero] nos vicesimum iam diem patimur hebescere aciem horum auctoritatis. Habemus enim huiusce modi senatus consultum, verum inclusum in tabulis tamquam in vagina reconditum, quo ex senatus consulto confestim te interfectum esse, Catilina, convenit. Vivis, et vivis non ad deponendam, sed ad confirmandam audaciam. Cupio, patres conscripti, me esse clementem, cupio in tantis rei publicae periculis me non dissolutum videri, sed iam me ipse inertiae nequitiaeque condemno.
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Decretò un tempo il Senato di affidare al console Lucio Opimio il compito di vigilare sulla sicurezza dello Stato. Non passò una notte e fu soppresso Caio Gracco, per quanto suo padre, suo nonno e i suoi avi fossero stati uomini gloriosi, solo perché era sospettato di sovversione; anche l'ex console Marco Fulvio fu ucciso insieme ai figli. Con un analogo decreto senatoriale furono affidati i pieni poteri ai consoli Caio Mario e Lucio Valerio. Si ritardò forse di un solo giorno l'esecuzione del tribuno della plebe Lucio Saturnino e del pretore Caio Servilio? Eppure da venti giorni lasciamo che si spunti la lama del potere senatoriale. Anche noi disponiamo di un decreto del Senato, ma è chiuso in archivio, come una spada nel fodero. In applicazione a questo decreto dovresti essere già morto, Catilina. Invece sei vivo. Sei vivo non per rinunciare alla tua folle impresa, ma per portarla avanti! Desidero, padri coscritti, esser clemente. Ma non desidero che si pensi che sottovaluto la situazione di estremo pericolo in cui versa lo Stato: perciò, sono il primo ad accusarmi di inerzia e di debolezza.
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