Sallustio: De Catilinae coniuratione, 13

Nam quid ea memorem, quae nisi iis, qui videre, nemini credibilia sunt: a privatis compluribus subvorsos montis, maria constrata esse? Quibus mihi videntur ludibrio fuisse divitiae: quippe, quas honeste habere licebat, abuti per turpitudinem properabant. Sed lubido stupri, ganeae ceterique cultus non minor incesserat: viri muliebria pati, mulieres pudicitiam in propatulo habere; vescendi causa terra marique omnia exquirere; dormire prius, quam somni cupido esset; non famen aut sitim, neque frigus neque lassitudinem opperiri, sed omnia luxu antecapere. Haec iuventutem, ubi familiares opes defecerant, ad facinora incendebant: animus inbutus malis artibus haud facile lubidinibus carebat; eo profusius omnibus modis quaestui atque sumptui deditus erat.

1 commento:

  1. Infatti perché ricordare cose da nessuno credibili se non da chi le ha
    viste, monti spianati, mari interrati da molti privati cittadini? Per essi
    mi pare che le ricchezze fossero divenute un trastullo; infatti si
    affrettavano a sperperarle vergognosamente invece di investirle
    onestamente. Né con minore violenza li aveva presi la libidine dello
    stupro, della gozzoviglia e di altri piaceri; uomini soggiacevano in atti
    di femmina, donne facevano scempio d'ogni pudore; per ingozzarsi frugavano
    dovunque in terra e in mare; dormivano prima di aver sonno; non
    aspettavano la fame, la sete, né il freddo, né la stanchezza, ma con
    raffinata mollezza ne prevenivano l'arrivo. Tutto ciò, dissipato il
    patrimonio, stimolava la gioventù al delitto: gli animi ingolfati nei
    vizi, non resistevano facilmente alle passioni; perciò con tanta maggior
    profusione si abbandonavano al guadagno e allo sperpero.

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