De bello Gallico / Libro I, 8
Interea ea legione quam secum habebat militibusque, qui ex provincia convenerant, a lacu Lemanno, qui in flumen Rhodanum influit, ad montem Iuram, qui fines Sequanorum ab Helvetiis dividit, milia passuum XVIIII murum in altitudinem pedum sedecim fossamque perducit. Eo opere perfecto praesidia disponit, castella communit, quo facilius, si se invito transire conentur, prohibere possit. Ubi ea dies quam constituerat cum legatis venit et legati ad eum reverterunt, negat se more et exemplo populi Romani posse iter ulli per provinciam dare et, si vim facere conentur, prohibiturum ostendit. Helvetii ea spe deiecti navibus iunctis ratibusque compluribus factis, alii vadis Rhodani, qua minima altitudo fluminis erat, non numquam interdiu, saepius noctu si perrumpere possent conati, operis munitione et militum concursu et telis repulsi, hoc conatu destiterunt.
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Nel frattempo, impiegando la legione al suo seguito e i soldati giunti dallaprovincia, Cesare scava un fossato ed erige un muro lungo diciannove miglia ealto sedici piedi, dal lago Lemano, che sbocca nel Rodano, fino al monte Giura,che divide i territori dei Sequani dagli Elvezi. Ultimata l'opera, disponepresidi e costruisce ridotte per respingere con maggior facilità gli Elvezi, seavessero tentato di passare suo malgrado. Quando giunse il giorno fissato congli ambasciatori ed essi ritornarono, Cesare disse che, conforme alle tradizionie ai precedenti del popolo romano, non poteva concedere ad alcuno il transitoattraverso la provincia e si dichiarò pronto a impedir loro il passaggio nelcaso cercassero di far ricorso alla forza. Gli Elvezi, persa questa speranza,cercarono di aprirsi un varco sia di giorno, sia, più spesso, di notte, o permezzo di barche legate insieme e di zattere, che avevano costruito in grannumero, o guadando il Rodano nei punti in cui era meno profondo. Respinti dallefortificazioni e dall'intervento dei nostri soldati, rinunciarono ai lorotentativi.
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