De bello Gallico / Libro I, 46

Dum haec in conloquio geruntur, Caesari nuntiatum est equites Ariovisti propius tumulum accedere et ad nostros adequitare, lapides telaque in nostros coicere. Caesar loquendi finem fecit seque ad suos recepit suisque imperavit ne quod omnino telum in hostes reicerent. Nam etsi sine ullo periculo legionis delectae cum equitatu proelium fore videbat, tamen committendum non putabat ut, pulsis hostibus, dici posset eos ab se per fidem in conloquio circumventos. Postea quam in vulgus militum elatum est qua arrogantia in conloquio Ariovistus usus omni Gallia Romanis interdixisset, impetumque in nostros eius equites fecissent, eaque res conloquium ut diremisset, multo maior alacritas studiumque pugnandi maius exercitui iniectum est.

1 commento:

  1. Mentre accadevano questi fatti nel colloquio, venne annunciato a Cesare che icavalieri di Ariovisto si stavano avvicinando e cavalcavano verso i nostri(soldati), scagliavano pietre e dardi contro i nostri. Cesare cessò di parlaree si recò dai suoi e gli ordinò di rispondere al nemico lanciando neppure unafreccia. Infatti, sebbene vedesse che la battaglia dei suoi (soldati) con lacavalleria dei nemici non sarebbe stata di alcun pericolo, tuttavia non ritenevache si dovesse attaccar battaglia affinché, sconfitti i nemici, non potesseesser detto che quelli erano stati circondati perfidamente dai nostri durante ilcolloquio. Dopo che si divulgò fra la massa dei soldati con (usando di) nelcolloqui Ariovisto avesse interdetto ai Romani tutta la Gallia, e i suoicavalieri avessero assalito (contro) i nostri, e come ciò avesse interrotto ilcolloquio, molto maggior ardore e maggior brama di combattere invase l'esercito.

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