Cato Maior de Senectute 85

His mihi rebus, Scipio (id enim te cum Laelio admirari solere dixisti), levis est senectus, nec solum non molesta sed etiam iucunda. Quod si in hoc erro, qui animos hominum inmortalis esse credam, libenter erro; nec mihi hunc errorem, quo delector, dum vivo, extorqueri volo; sin mortuus, ut quidam minuti philosophi censent, nihil sentiam, non vereor, ne hunc errorem meum philosophi mortui irrideant. Quod si non sumus inmortales futuri, tamen exstingui homini suo tempore optabile est. Nam habet natura, ut aliarum omnium rerum, sic vivendi modum. Senectus autem aetatis est peractio tamquam fabulae, cuius defatigationem fugere debemus, praesertim adiuncta satietate. Haec habui, de senectute quae dicerem, ad quam utinam perveniatis, ut ea, quae ex me audistis, re experti probare possitis.

1 commento:

  1. Ecco perché, Scipione - hai detto, infatti, che tu e Lelio vi stupite
    di solito di questo - la vecchiaia è per me leggera, per nulla fastidiosa,
    ma anzi piacevole. Se però mi sbaglio nel credere che le anime degli
    uomini siano immortali, sbaglio volentieri e non voglio, finché vivo, che
    mi si strappi questo errore capace di darmi gioia; se poi, da morto, come
    credono alcuni filosofi di poco valore, non sentirò nulla, non temo che
    dei filosofi morti deridano il mio errore. Se invece non siamo destinati
    all'immortalità, è sempre augurabile per l'uomo spegnersi al momento
    giusto: la natura infatti fissa la misura dell'esistenza come di tutte
    tutte le cose. La vecchiaia è come l'ultimo atto sulla scena della vita:
    dobbiamo evitarne la stanchezza, specie se abbiamo raggiunto la sazietà.
    Ecco che cosa avevo da dire sulla vecchiaia. Voglia il cielo che possiate
    giungervi così da poter confermare le mie parole con la vostra esperienza.

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