Cato Maior de Senectute 78

Audiebam Pythagoram Pythagoreosque, incolas paene nostros, qui essent Italici philosophi quondam nominati, numquam, dubitasse, quin ex universa mente divina delibatos animos haberemus. Demonstrabantur mihi praeterea, quae Socrates supremo vitae die de immortalitate aminorum disseruisset, is qui esset omnium sapientissimus oraculo Apollinis iudicatus. Quid multa? Sic persuasi mihi, sic sentio, cum tanta celeritas animorum sit, tanta memoria praeteritorum futurorumque prudentia, tot artes, tantae scientiae, tot inventa, non posse eam naturam, quae res eas contineat, esse mortalem, cumque semper agitetur animus nec principium motus habeat, quia se ipse moveat, ne finem quidem habiturum esse motus, quia numquam se ipse sit relicturus; et, cum simplex animi esset natura, neque haberet in se quicquam admixtum dispar sui atque dissimile, non posse eum dividi; quod si non posset, non posse interire; magnoque esse argumento homines scire pleraque ante quam nati sint, quod iam pueri, cum artis difficilis discant, ita celeriter res innumerabilis arripiant, ut eas non tum primum accipere videantur, sed reminisci et recordari. Haec Platonis fere.

1 commento:

  1. Apprendevo che Pitagora e
    i pitagorici - quasi nostri conterranei, tant'è vero che un tempo erano
    chiamati «filosofi italici» - non misero mai in dubbio che le nostre anime
    emanassero dalla mente divina universale. Mi venivano illustrati anche i
    discorsi sull'immortalità che Socrate, giudicato dall'oracolo di Apollo
    l'uomo più saggio, fece l'ultimo giorno della sua vita. Perché tante
    parole? Ecco di cosa sono convinto, ecco come la penso: così grande è la
    velocità del pensiero, così potente il ricordo del passato e la
    preveggenza del futuro, così numerose le arti, così vasto il campo delle
    scienze, così grande il numero delle invenzioni che la natura, capace di
    contenere tutto questo, non può essere mortale. E siccome l'anima è sempre
    attiva e il suo movimento non ha principio, poiché essa si muove da sé, il
    movimento non avrà neppure fine, poiché l'anima non potrà mai sottrarsi
    alla propria natura. E siccome la natura dell'anima è semplice e non
    contiene mescolanza di elementi diversi per quantità e qualità, non può
    dividersi; non potendo dividersi, non può morire. Ecco una grande prova
    del fatto che gli uomini conoscono moltissime cose prima di nascere: fin
    da bambini, quando imparano discipline difficili, afferrano con tanta
    rapidità un gran numero di nozioni che sembrano non acquisirle per la
    prima volta, ma ricordarle. Questo è, all'incirca, il pensiero di Platone.

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